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Basta collaudi dopo la sostituzione del serbatoio GPL – l’ultima follia dalla politica

I veicoli alimentati a GPL devono essere sottoposti a manutenzione straordinaria per ragioni di sicurezza al decimo anno di vita, un obbligo da espletare in due fasi secondo il Codice della Strada. Per prima cosa, l’automobilista deve recarsi presso un’autofficina autorizzata per la sostituzione del serbatoio GPL, una modifica alle caratteristiche costruttive del veicolo che comporta l’aggiornamento della carta di circolazione  dopo visita e prova da parte dei funzionari della Motorizzazione Civile, ovvero la seconda fase. Se la prima operazione con una spesa a partire da 350€ si porta a termine agilmente, la seconda è una spina nel fianco non tanto per i costi, bensì per i tempi di attesa. Gli uffici territoriali, come dichiara l’On. Sara Moretto di Italia Viva (immagine sotto)  nel corso del question time presso il Ministero dei Trasporti, sono in carenza di organico e tale criticità sarà acuita dal carico ingente di operazioni previste, frutto degli incentivi ai veicoli alimentati a GPL e gas naturale erogati degli anni 2009,2010 e 2011. Non fa una piega: il problema sussiste da anni ormai e nonostante sia stata emessa una circolare ministeriale per consentire ai veicoli bifuel in attesa di collaudo di circolare liberamente, ma solo a benzina, e di superare regolarmente la revisione, i disagi restano. Per quale motivo un cittadino che ha acquistato un’auto con alimentazione alternativa per risparmiare sul carburante o per essere più ecologico dovrebbe rinunciarvi per mesi (oltre un anno in alcune provincie) a causa di una grave mancanza da parte di un organo dello Stato? Assurdo, in un paese civile, ma ancora più assurde la parole che arrivano dalla politica. La deputata, per superare l’attuale sistema di collaudo gestito dalla Pubblica Amministrazione, propone di annotare la regolare sostituzione del serbatoio del GPL sulla carta di circolazione con autocertificazione effettuata da officine riconosciute. In parole povere: Il problema sono i collaudi? Benissimo, eliminiamoli. Semplice no?

Chi verificherà che il montaggio del serbatoio sia stato eseguito a regola d’arte? Nessuno, ma sarà previsto un “pezzo di carta”, la cosiddetta autocertificazione dell’installatore per determinare eventuali responsabilità in caso di incidente, peccato che ormai sarà troppo tardi per il malcapitato automobilista e per tutti coloro che saranno sfortunatamente coinvolti.  Con la sicurezza stradale non si scherza, soprattutto se si tratta di GPL.  L’On. Moretto definisce i collaudi come una mera operazione formale da parte della Motorizzazione civile per l’aggiornamento della carta di circolazione”, una dichiarazione distante anni luce dal contenuto dell’art. 78 del Codice della Strada che disciplina queste pratiche “burocratiche”, che poi tanto burocratiche non sono. Quattro occhi sono meglio di due, sempre, ma soprattutto se il controllo finale viene eseguito da un tecnico esterno che non ha alcun interesse nel certificare a tutti i costi come regolare il lavoro dell’installatore. È il cosiddetto principio di terzietà, ciò che l’Unione Europea vuole introdurre da anni in materia “controllo tecnico dei veicoli”, ma in Italia sembra non attecchire. Forse non tutti sanno  che la sostituzione dei serbatoi per i veicoli alimentati a CNG (metano) avviene secondo un iter molto simile alla proposta riguardante il GPL, ma a cadenza quadriennale o quinquennale a seconda del tipo di bombola. Numerosi i casi di bombole dichiarate sostituite sul certificato dell’installatore (targhetta GFBM – immagine di destra), ma in realtà mai riqualificate: ecco cosa succede ad affidarsi ciecamente ai “pezzi di carta” prodotti dagli installatori (autofficine autorizzate) in un paese dove i controlli verso le imprese sono un evento più unico che raro.

Per concludere, ciò che lascia maggiormente di stucco sono i mandanti di questa folle proposta, ovvero le associazioni di categoria che, in linea teorica, dovrebbero adoperarsi per un incremento di lavoro nel settore. Da anni lamentano un calo significativo delle produttività rivendicando aumenti di tariffa e maggior assistenza da parte dello Stato, ma sprecano questa grande occasione di introdurre una nuova competenza per i centri di controllo privati, imprese in grado di espletare in maniera efficiente questo tipo di operazioni. Con l’introduzione dell’ultima normativa comunitaria – 2014/45ue -, l’addetto alla revisione ministeriale – ora ispettore – diviene una figura altamente qualificata grazie ad una nuova formazione, ma le stessa associazioni ritengono sia impossibile collocarlo nelle imprese italiane limitate, per legge, alle revisioni ministeriali art.80 del Codice della Strada. Oltre vent’anni fa tali operazioni venivano privatizzate per un situazione analoga a quella odierna: cosa stiamo aspettando? Nel frattempo, la Francia prevede corsi di formazione integrativi per gli ispettori privati che intendono conseguire l’abilitazione al controllo dei veicoli con seconda alimentazione: è così difficile prendere esempio?